Il 9 aprile, ospiti del Circolo Fotografico Palmarino e di Proloco Manzano, Jacqueline De Monte e Valentino Morgante ci hanno presentato, nella suggestiva cornice dell’Abbazia di Rosazzo, il loro splendido libro fotografico “Terra d’Africa”.
Come al solito, i fotografi sono stati intervistati dal nostro Paolo Vercesi:
Jacqueline De Monte
Valentino Morgante (e l’editore Daniele Marson)
Paolo Vercesi
Paolo Vercesi: Buonasera Jacqueline, buonasera Valentino e buonasera Daniele (Daniele Marson editore ndr)
Da un po’ di tempo è nostra abitudine intervistare gli ospiti delle nostre serate, siete pronti?
Jacqueline De Monte: Siamo pronti!
PV: Incominciamo dalla prima domanda, una di quelle facili, siete entrambi di origini friulane ma Jacqueline è nata a Parigi mentre Valentino è nato in Malawi, come vi siete incontrati? Come si sono incrociate le vostre vite?
Valentino Morgante: A questa domanda preferisco lasciar rispondere Jacqueline…
JDM: Innanzitutto mio papà e mia mamma sono di Artegna, il papà e la mamma di Valentino sono di Tarcento e ci siamo incontrati a metà strada. Tra Tarcento e, diciamo, Artegna, durante una sua vacanza. Ci siamo accorti di avere qualcosa in comune, cioè guardare le montagne, ma arrivare con lo sguardo ben oltre le montagne. Lui mi affascinava con i suoi racconti, che per me erano incredibili… mi parlava dei leoni, che da ragazzino teneva un serpente nel taschino, di grandi foreste… per me, che vivevo a Tarcento, erano racconti molto coinvolgenti. È da lì, tra un racconto e l’altro, che è nata la mia voglia di vedere l’Africa.
VM: Era una semplice strategia di conquista… (risate, ndr)
Un momento dell’intervista
PV: La passione per la fotografia, invece, com’è nata?
VM: Beh, io ho sempre avuto la passione per la fotografia fin da bambino in Africa. Tutto è partito quando i miei genitori mi hanno regalato una piccola compatta a pellicola, si parla di davvero tanto tempo fa, e da lì, tra animali e paesaggi, mi sono appassionato. In particolare, della fotografia, mi affascina il movimento. Quando sono tornato in Italia ho collaborato con un’agenzia di Bologna che seguiva le automobili da corsa e ogni settimana ero in trasferta per fotografare le gare. Ma la passione vera era per la natura. E dopo un paio di viaggi assieme in Africa, ho coinvolto anche Jacqueline in questa passione.
PV: la decisione di trasferirvi in Africa com’è arrivata?
JDM: certamente per una donna staccarsi da tutte le sicurezze che può dare un paese come l’Italia, con una casa, i genitori, un lavoro… è difficile decidere e partire, ma Valentino aveva veramente un grandissimo mal d’Africa. Chiuso dentro il suo ufficio sembrava un leone che girava in tondo nervoso e che sperava che la gabbia si aprisse. Solo io avevo la chiave. Ho aperto la gabbia e siamo partiti.
Un momento dell’intervista
PV: quindi per voi l’Africa era più di un posto dove andare a lavorare.
VM: sì, è il posto dove ci piace vivere e dove vogliamo condividere il nostro stile di vita con le persone che vengono da noi. Questa è diventata la nostra missione.
PV: Raccontateci qualcosa di più del vostro lavoro. Siete guide certificate dell’NATH, Namibiam Academy for Tourism and Hospitality, come ci siete arrivati?
VM: come in tutte le professioni bisogna studiare ed imparare. Per ottenere una licenza occorre frequentare dei corsi, in questo caso dell’ente del turismo della Namibia. Flora, fauna, geologia, astronomia, tutto ciò che aiuta a conoscere l’ambiente… abbiamo imparato tante cose da poter condividere con gli altri. E continuiamo a seguire nuovi corsi per aggiornarci e per rinfrescare le conoscenze.
JDM: L’ultimo corso l’abbiamo fatto in Botswana, ed è stato uno dei corsi per guide naturalistiche più difficili in assoluto.
PV: Il vostro lavoro come si svolge?
VM: Abbiamo iniziato facendo da guida naturalistica per le varie agenzie, poi pian piano abbiamo iniziato ad organizzare da soli i nostri viaggi. Li organizziamo per piccoli gruppi, quindi sono viaggi personalizzati, per coppie, per appassionati di natura e fotografia. Noi organizziamo tutto il pacchetto ed in genere facciamo anche da guide e da accompagnatori.
© De Monte Morgante
JDM: …cercando sempre di coinvolgere tutti con la nostra conoscenza e la nostra passione per quei posti. L’Africa non è solamente da vedere ma anche da conoscere. Infatti chi non ci va con una guida specializzata ed appassionata si ferma alla conchiglia, noi cerchiamo di far vedere la perla che c’è dentro la conchiglia. Questo è il nostro obiettivo.
PV: Prima ci parlavate di leoni, di serpenti e di situazioni che a noi sembrano pericolose. L’Africa è pericolosa o no?
VM: L’Africa è come una grande metropoli, prendiamo ad esempio Milano, ci sono zone pericolose, ma la maggior parte di Milano non è pericolosa, l’Africa è proprio così. Ci sono dei posti pericolosi e quello che vi succede viene amplificato dai media, ma ci sono comunque zone dell’Africa tranquille e sicure, come quelle dove ci troviamo e lavoriamo noi e dove troviamo sempre una serenità ed una tranquillità incredibili.
PV: Vi è capitata qualche avventura da raccontare?
VM: A novembre eravamo in Botswana, nel 2015 c’è stata una grandissima siccità nell’Africa australe, con una totale mancanza d’acqua. Ci trovavamo nella regione del Savuti, un’area dove gli anni prima c’era acqua e dove vivono gli ippopotami. Abbiamo trovato un ippopotamo molto disidratato vicino ad una pozza asciutta, edad un certo punto ci ha caricati di brutto. Sono riuscito appena in tempo ad inserire la marcia e partire, me lo sono trovato a 50cm. L’impatto sarebbe stato come uno sconto con un’automobile di 2 tonnellate.
Altre volte nei campeggi abbiamo avuto i leoni a farci “visita”, tante volte abbiamo visto le cariche degli elefanti. Con l’esperienza si impara a leggere e capire le situazioni, ed un tempo fuggivamo via molto prima.
© De Monte Morgante
JDM: …infatti l’ultima volta gli elefanti del Damaraland erano così vicini che un giovane di circa 12 anni ha “annusato” l’automobile e con la zanna ha spinto un pochino e la carrozzeria ne porta ancora i segni.
VM: In generale direi che non ci è mai successo di trovarci in situazioni di vero pericolo… forse l’unica volta in cui mi sono trovato in pericolo è facendo canoa nel fiume Zambesi in mezzo agli ippopotami. L’ippopotamo è l’animale che causa più morti in Africa, perché pur essendo un erbivoro è molto territoriale.
PV: Questa sera siamo qua per presentare il vostro libro che vanta una prefazione di Alberto Angela, paleontologo, divulgatore, scrittore, giornalista e conduttore di trasmissioni televisive, come nasce questa prefazione?
Un momento della serata
JDM: Ho accompagnato Alberto per la RAI per tre volte, e questo ci ha dato la possibilità di conoscerci. Alberto ritiene che il viaggio che ha fatto con me in Namibia sia stato il suo più bello in Africa proprio perché sono riuscita a trasmettergli la conoscenza e la passione che ho per l’Africa e per la natura. Di conseguenza anche nel suo quarto viaggio, che ha voluto fare privatamente con famiglia e amici, ha voluto trasmettere ai figli le stesse emozioni che aveva provato. In qualche modo è stato come se Alberto Angela avesse avuto il desiderio di ricambiare quello che aveva ricevuto. Forse è stata lui la persona che più ci ha spinti a realizzare il libro, aveva visto queste fotografie e ci ha detto che meritavano di venire pubblicate.
PV: Questo libro raccoglie fotografie scattate nell’arco di ben 20 anni. Se non arrivava Alberto Angela avreste pubblicato lo stesso il libro, oppure avreste aspettato ancora un po’?
VM: Penso che i tempi fossero maturi, o adesso o mai più! Quando abbiamo cominciato a scattare, si utilizzavano ancora le diapositive ed ad un certo punto ci siamo fermati per diversi anni. Il digitale in qualche modo è stato la nostra salvezza e ci ha spinti a ritornare a fotografare.
(proiezione della multivisione "Terra d'Africa")
PV: Nella vostra multivisione “Terra d’Africa” quante foto analogiche avete usato?
VM: Sono molto poche le foto scansionate dalle diapositive, forse un 5%.
(pubblico): Qual è stata la foto più difficile che avete realizzato durante la vostra carriera di fotografi?
VM: La foto più difficile la dobbiamo ancora scattare, proprio perché è veramente difficile… il mio sogno è sempre quello di fotografare due grandi elefanti maschi in combattimento.
(pubblico): c’è una foto che vi ha fatto dire: “accidenti ce l’ho fatta!”
VM: Ci sono tante foto che che quando torni a casa e le riguardi ti fanno dire “WOW”!
La mia grande passione, come ormai avrete capito, sono gli elefanti ed i leoni. E credo siano proprio loro gli animali che mi hanno dato più soddisfazioni.
Daniele Marson: Forse la foto più diffile è quella che abbiamo raccontato anche nel libro…
VM: …sì, volevamo fotografare il passaggio degli elefanti da una prospettiva diversa. Quindi abbiamo deciso di piazzare una macchina fotografica nella zona di passaggio e di telecomandarla. Gli elefanti generalmente usano dei sentieri specifici, e così siamo riusciti a fare alcune foto con il telecomando, un paio abbastanza belle. Solo che ad un certo punto una famiglia di 6-7 elefanti ha visto la macchina fotografica e non gli è piaciuta… la matriarca l’ha puntata e le ha dato un calcio facendo volare via tutto quanto. È stato incredibile vedere una tale violenza ed aggressività verso una cosa così minuscolo al loro confronto. Forse hanno sentito l’odore, l’adrenalina dell’uomo o qualcosa sulla macchina e che solo loro possono sentire. Alla fine siamo comunque riusciti a recuperare la macchina e scaricare le foto. Aggiungo che abbiamo continuato ad usare quella stessa macchina per altri due anni!
JDM: …ma non l’obiettivo!
VM: La salvezza della macchina è stata l’obiettivo che si è staccato dalla macchina ed ha attratto gli elefanti. C’era tanto rumore e tanta polvere, è stata veramente una scena pazzesca.
(pubblico): Quel paesaggio desolati con quegli alberi secchi…
© De Monte Morgante
JDM: Gli alberi nel lago bianco sono nell’area “Dead Valley” detta anche “bacino morto”, si pensa che quegli alberi siano morti 700 anni fa, ma sono ancora in piedi.
VM: Sono di un legno molto duro e resistente.
JDM: Nel deserto ci sono pochissimi batteri e gli alberi non si decompongono.
(pubblico): Le foto non sono state fatte tutte dalla jeep?
VM: Quando siamo fuori da soli valutiamo sempre la situazione e talvolta ci piace scendere a livello del terreno, ma sempre mantenendo la distanza di sicurezza.
(pubblico): Il periodo migliore per venire in Namibia?
VM: Sicuramente da maggio a dicembre, ma non è detto che non sia bello anche il periodo delle piogge, ma è sicuramente più a rischio per la pioggia e gli animali si vedono un po’ di meno.
(pubblico): Dove avvengono le fioriture che abbiamo visto nel filmato?
VM: Quelle fioriture avvengono in una zona particolare del Sudafrica, a sud della Namibia, a nord-ovest di Città del Capo, particolarmente piovosa d’inverno, quindi in primavera ed in estate c’è questa famosa fioritura, chiamata fioritura del Namaqualand.
PV: In sala c’è un gran numero di fotografi, ci raccontate qualcosa di tecnico, cosa c’è nella vostra borsa, che strumenti usate, cosa non lasciate mai a casa.
© De Monte Morgante
VM: Abbiamo tre corpi macchina, non so se si può dire la marca, portiamo sempre un grandangolo 17-40, lo zoom 70-200/2.8, il nuovo 100-400 della …Canon (risate, ndr) …che funziona benissimo, poi il 300/2.8, mentre altri obiettivi più costosi, quando servono si possono trovare in affitto.
JDM: Poi non mancano mai il treppiede, il telecomando ed il timer per fare i timelapse che avete visto nella multivisione.
VM: Non si può fare a meno di un coprimacchina per tener fuori la polvere: dove viviamo noi in Namibia è pieno di polvere e bisogna sempre stare molto attenti in special modo durante il cambio obiettivi.
JDM: Basta un soffio di vento e viene fuori anche polvere che non vedi.
DM: Con la pulizia del sensore come fate?
VM: Portiamo via due o tre corpi macchina proprio per cercare di cambiare obiettivo il meno possibile. Poi quando veniamo in Italia oppure quando andiamo a Città del Capo ci sono dei centri che fanno la pulizia dei sensori. Ormai abbiamo imparato una buona tecnica e cambiamo obiettivo solamente quando ci sono delle scene veramente importanti o drammatiche ed il problema della polvere passa in secondo piano. Altrimenti cerchiamo di evitare di farlo.
PV: A parte l’attrezzatura fotografica cosa serve per venire a fotografare in Africa? Cosa bisogna portarsi da casa?
JDM: Il cuore. Il cuore aperto, non aspettarsi mai nulla, non darsi degli obiettivi, altrimenti c’è il rischio di rimanere delusi. È meglio essere aperti a quello che l’Africa e la natura ci regaleranno in quei momenti.
VM: Poi di base con una buona reflex e con una buona compatta si possono portare a casa dei buoni risultati: Poi di fatto si può utilizzare di tutto, dal grandangolo al 300mm.
(pubblico): In questi venti anni di fotografie immagino che i cambiamenti siano stati grandi come da noi. I paesaggi sono rimasti gli stessi o sono cambiati?
VM: Devo dire che certi posti sono rimasti sempre uguali, altri invece sono cambiati, soprattutto nelle zone più popolate. Ma dove ci sono gli animali e nei parchi i paesaggi non sono poi cambiati di tanto. Magari ci sono più visitatori, ma a parte quello il resto è rimasto inalterato, equesta è una grossa fortuna.
© De Monte Morgante
(pubblico): ci sono grossi problemi di bracconaggio anche in Namibia?
VM: La Namibia da questo punto di vista è fortunata perché la popolazione non è numerosa ed i controlli sono molto buoni, come del resto in Botswana, però purtroppo negli ultimi 5 anni anche in Namibia c’è stato un certo aumento del bracconaggio. In precedenza direi ceh era invece tutto sotto controllo
JDM: …quasi inesistente, poi si è scatenato a macchia d’olio
VM: Per fortuna sembra che ultimamente le cose stiano migliorando di nuovo.
JDM: Le autorità coinvolgono anche noi guide nel contrasto al bracconaggio.
(una bambina del pubblico): è difficile venire in Africa?
VM: Quando ci siamo trasferiti in Namibia, abbiamo portato nostra figlia di 12 anni che non sapeva una parola di inglese, ma si è trovata benissimo ed è rimasta in Africa. Se riesci a trovare il posto giusto, l’Africa è assolutamente avvincente.
JDM: Tutti quegli animali sono belli da vedere per i bambini. La Namibia ed il Botswana stanno orientando la loro ospitalità sempre più verso le famiglie perché vedono che i bambini rispondono molto bene al richiamo dei luoghi. è assolutamente un viaggio fattibile anche per i bambini. Abbiamo avuto nei nostri viaggi bambini dai 5 anni in su. Ci sono alcune aree del Botswana in cui raccomandano un’età superiore ai 10 anni, perché è un’area dove bisogna avere qualche attenzione in più.
PV: Facciamo un piccolo passo indietro… mi riaggancio all’introduzione di Gastone Piasentin (presidente della pro loco di Manzano, ndr): la fotografia può avere un ruolo, può aiutare a fermare la guerra e le altre distruzioni?
VM: Questa è la nostra speranza! La fotografia può documentare quanto è bello quello che rischiamo di perdere e quindi penso proprio di sì.
JDM: L’educazione alla conoscenza è la soluzione a tutti i problemi, dal bracconaggio alla conservazione in tutti i sensi e di tutto il pianeta.
PV: Abbiamo visto nelle vostre immagini tanti luoghi, tanti paesaggi e tanti animali. Se una persona potesse andare in Africa una sola volta nella vita, che itinerario suggerireste?
JDM: è impossibile rispondere, è come chiedere cosa visitare in Italia… in Africa dove le distanze sono molto più grandi, non sarebbe possibile visitare i gorilla, le dune di Sossusvalley e le cascate Vittoria in una volta sola.
VM: Suggerirei comunque di visitare la Namibia per prima.
(pubblico): Con che veicoli vi muovete?
VM: In Namibia ci si muove anche con dei pulmini o con dei 4×4 con doppio serbatoio e doppia ruota di scorta. Però, a parte certe zone montane, in Namibia è possibile muoversi anche senza 4×4. In Botswana, invece, è assolutamente indispensabile il 4×4.
(pubblico): Come mai tra quelle che abbiamo visto non avete inserito le bellissime foto della popolazione degli Himba?
© De Monte Morgante
VM: Perché abbiamo scelto di mantenerci sulla natura, magari la prossima volta…
(pubblico): Guardando la copertina di libro, l’Africa mi sembra un cuore, lei come descriverebbe il suo mal d’Africa.
JDM: Il mio mal d’Africa è molto particolare e credo interessante. Durante i miei primi anni in Africa non “soffrivo” assolutamente il mal d’Africa. Anzi ho trovato talmente dura la vita dell’emigrante, con molti lati negativi e pochi positivi, che all’inizio il mal d’Africa non ce l’avevo proprio. Un giorno però ho rischiato di non poterci andare più ed è stato in quel momento che ho capito che l’Africa mi mancava. E questo è accaduto solo dopo una decina d’anni che vivevo in Africa.
(pubblico): I tour che proponete hanno base fissa o proponete degli spostamenti lungo degli itinerari.
VM: Molte volte ci si ferma in strutture o lodge, ma in un tour di 14 giorni si fanno anche 4000Km e in zone remote dove non ci sono strutture si allestiscono i campi tendati.
(pubblico): Chi fa da mangiare, in quelle situazioni?
VM: Mi! (risate, ndr) …è bellissimo fare il fuoco nel campo, e quando non sono recintati ci sono scimmie, sciacalli, iene, leoni, elefanti e bisogna tenere tutto il cibo fuori dalla tenda. Ho visto filmati di elefanti in Botswana che hanno distrutto una tenda alla ricerca di mele e arance.
(pubblico): Siete armati?
VM: No, assolutamente no, siamo armati solo del nostro animo.
JDM: Diciamo che quello che conta è la nostra l’esperienza: dopo tanti anni si riesce a percepire quali sono le distanze a cui tenersi dagli animali e si rimane a distanza di sicurezza per sé stessi e per gli animali.
PV: Quando tornate in Friuli portate solo le fotografie o anche le macchine fotografiche?
VM: Purtroppo solo le fotografie per questioni di spazio.
JDM: Quando torniamo in Africa sentiamo una grande mancanza del cibo friuliano e italiano, lo spazio di una macchina fotografia lo destiniamo ad un po’ di cibo, formaggio e salami.
PV: Quindi al campo si mangia il frico?
JDM: Può capitare che lo facciamo perfino con il ceddar (risate, ndr).
PV: Qualche progetto fotografico per il futuro?
VM: Di progetti ne abbiamo e vanno tutti avanti, ma nulla ancora di definito. Ci piacerebbe fare altre multivisioni ed una mostra con stampe di una certa dimensione.
JDM: Una fotografia in grande formato permette veramente di catapultarcisi dentro.
PV: Siamo purtroppo giunti a conclusione della serata…
JDM: Ringraziamo tutti voi singolarmente per essere stati presenti a questa serata e spero che siamo riusciti a regalarvi una parte di noi… (grandi applausi, ndr)
Il pubblico in sala
Terra d’Africa, Edizioni Marson
Alcune immagini di backstage dell'evento:
Daniele Marson e Daniele Favret
Paolone Vercesi alle prese con le domande dell’intervista
Stefano Rossi e Marco Manzini
Marco, Paolo, Danilo, Daniele e Ranieri
Daniele, Marco e Stefano
Daniele, Mauro, Luca, Federico e (seminascosto) Andrea
Alvaro, Danilo, Ranieri, Ezio, Mary (seminascosta), Roberto, Paolo e Marco
Jacqueline e Valentino firmano i libri
Il Presidente della Proloco, Gastone Piasentin
Il Vicesindaco di Manzano, Lucio Zamò
Daniele Marson, concentratissimo